Una storia che l’ANPI vorrebbe farci dimenticare e cancellare dalla memoria.
É un’immagine spettrale quella che si incontra sulla strada che da Gravina in Puglia conduce ad Altamura. In quel luogo sorgeva infatti uno degli otto Centri raccolta profughi (CRP) creati in Puglia per far fronte ai massicci arrivi, che si moltiplicarono dopo il 1943 e a seguito delle vicende che caratterizzarono l’immediato dopoguerra con l’esodo della popolazione giuliano-dalmata.

In quel luogo sorge uno dei lager italiani, un lager di cui non fu responsabile il fascismo o Mussolini, ma furono responsabili diretti gli eredi della rivoluzione civile, quei partigiani comunisti e democristiani che si insediarono presto nei punti chiave delle istituzioni italiane e che da quel momento decisero della sorte e della vita di migliaia di innocenti.
Il campo, fu infatti ceduto in fretta e furia dal ministero della Difesa a quello dell’Interno di Alcide De Gasperi nel novembre del 1950. Era composto da 60 capannoni e da una scuola elementare per curare sommariamente l’istruzione dei più piccoli alle nuove ideologie di partito.
Questo centro di raccolta profughi, contrassegnato dal numero 65 faceva parte di una vastità di pari realtà sparse in tutta Italia, erano infatti oltre un centinaio i campi ghetto istituiti nel nome dell’odio verso gli italiani dell’Istriani, dalmati e fiumani. In quegli ambienti angusti e disumani venivano raccolti e hanno vissuto in condizioni pietose oltre 350.000 esuli. Una storia struggente e vergognosa di cui é testimone diretto Nino Divella, oggi un anziano imprenditore locale segnato da drammatico ricordo di ciò che videro i suoi occhi da bambino, quando aiutava il padre nell’azienda di famiglia e insieme a lui si recava in quel campo pe rifornire gli abitanti del campo con del latte appena munto.
Di quel campo oggi rimangono solo alcuni capannoni dall’aspetto inquietante, oltre a delle casette che non hanno ceduto alle intemperie e che fanno ben capire quale fosse l’accoglienza che la nostra Nazione travolta dall’ideologia bolscevica comunista riservò ai fratelli istriani.
Un pezzo di storia che l’ANPI insiste a negare, perché rientra tra le mille vergogne che hanno caratterizzato quel tempo della resistenza e dei falsi eroi sui quali la stessa associazione si fonda. Era il tempo dell’odio, gli anni delle atrocità di una stirpe “ebra di sangue” come la definì Indro Montanelli. Migliaia di crimini e violenze gratuite ai danni di innocenti che nessuno di noi dovrà mai dimenticare dato che ancora oggi quell’odio celato dietro al fantasma dell’antifascismo circola tra noi e spesso viene utilizzato proprio contro la gente comune che non accetta di allinearsi al pensiero politicamente corretto.
Il pensiero di criminali assassini?
Il pensiero di individui che rinchiusero e ghettizzarono migliaia di loro simili?
Il pensiero di chi arrivò ad infoibare migliaia di italiani in nome di un’ideologia perversa è malata?
No signori! Guardiamoci molto bene dall’allinearci a questi tipi di pensiero! Ne va della nostra coscienza umana!
Italia Moli
Italia Moli
#IoSonoItalia🇮🇹
quella sinistra che oggi vuole l’accoglienza di clandestini africani e disprezzava questi italiani cacciati da quelle terre
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