
Mi hanno scritto in molti nelle ultime settimane chiedendomi che fine avesse fatto la mia pagina #IoSonoItalia-Milano. Quella piccola paginetta con qualche migliaio di followers fedeli era uno dei nostri molti punti di incontro per confrontarci e condividere pensieri e posizioni anche riguardo al #CoronaVirus.
Era una piccola finestra su Milano, come lo era quella su Verona, quella su Brescia, Vicenza, oppure la fanpage, l’OfficialPage… insomma, tante pagine #IoSonoItalia apparentemente simili tra loro, ma fatte di realtà personali e storie di vita diverse che purtroppo sono state chiuse dalla censura senza un preciso perché e senza possibilità alcuna di opporsi alla decisione inderogabile di Facebook.
Giuseppe di Milano é stato solo uno dei molti a scrivermi. C’è anche Carla, Michele, Francesco, Silvia, Marco, Michela e tanti altri. Ricevo notizie da Torino, Roma, Cremona, Brescia, Bergamo, fino a Napoli o Palermo.
Giuseppe dunque non é “il caso”, ma evidenzia un problema che affligge tantissime altre persone, persone di varie età ma che vivono la stessa medesima tragedia.
La storia di Giuseppe mi ha colpita forse di più di altre per il grande malessere interiore che egli vive dentro di se e così, gli ho chiesto se rispettando la sua privacy, avrei potuto avere da lui il permesso di parlarne con voi rendendo pubblica la sua storia. Un modo come un altro per poter capire insieme come uscire da questo enorme guaio in cui bene o male ci troviamo tutti.
Giuseppe é un giovane ragazzo che come molti altri in quella città che un tempo era la vitale Milano da bere, si é ritrovato ad un tratto a vivere in una Milano in versione San Vittore; un enorme carcere di cemento armato dove ogni possibilità di uscita o di evasione era preclusa.
La vita di Milano, come quella condotta in moltissime altre grandi metropoli, era fatta di frenesie giornaliere. Ci si svegliava la mattina presto e si iniziava a correre; si scattava ai semafori prima che giungesse il verde. Lo si faceva sbirciando il semaforo dall’altra parte della strada e attendendo l’istante in cui per gli altri automobilisti della corsia laterale scattava il rosso, perché quello era il momento di scattare. Quei due/tre secondi che passavano da dall’istante in cui sulla corsia laterale scattava il rosso a quello in cui sulla propria corsia scattava il verde, a Milano, sembravano una questione di vita o di morte. Bisognava anticipare, non perdere tempo, perché quel tempo determinava la possibilità di arrivare puntuali sul posto di lavoro o arrivare in ritardo. A casa ci si tornava per mangiare un boccone la sera acquistato in rosticceria e poi farsi una doccia, riposarsi giusto qualche ora per essere nuovamente freschi e pronti ad affrontare la giornata successiva.
A Milano si sta poco in casa, “la casa” a Milano molto spesso consiste in quel monolocale che già di affitto costa una follia Cioè due terzi dello stipendio. Se ti affacci alla finestra puoi apprezzare la vista sulla metropoli, cioè la meraviglia di muro di cemento del palazzo di fronte, oppure il Sig. Rossi seduto sulla tazza del water del palazzo di fronte. La tua vita in casa a Milano é tutta lì, si riassume in quei 30/40 metri quadri dove devi mangiare, lavarti, dormire e cacare. Ma é una vita che si può accettare se si pensa che per la maggior parte della giornata sei fuori casa, vivi fuori casa, mangi fuori casa al solito baretto e lavori in uffici o ambienti più ampi dove hai contatti con migliaia di persone che come te vivono, producono, lavorano per mantenersi quel piccolo monolocale vicino al centro e magari un giorno comprarselo.
La Milano dei 100 giorni di quarantena é stata tutta un’altra storia però.
É stata una Milano terrificante. É ancora oggi una Milano in cui se non sei forte abbastanza muori, sbrocchi, perdi ogni tipo di lucidità ed equilibrio psicologico. La Milano dei 100 giorni di quarantena é stata una Milano crudele, era la Milano del sindaco Sala che batteva cassa a suon di multe e blocchi stradali. Era la Milano fatta dei controlli della polizia Municipale ad ogni angolo di strada e pesanti sanzioni comminate ad ogni cittadino che provava ad uscire per godere di un piccolo raggio di sole o di una boccata d’aria meno viziata di quella che respirava in casa propria.
Nella sua città Giuseppe ha vissuto quei lunghissimi e interminabili 100 giorni in un piccolo appartamento, una sorta di scatola cubica, costretto ad una “quarantena” che a molte persone come lui è risultata interminabile, infinita, qualcosa che nella psiche nemmeno oggi é finita.
A dir la verità nelle persone come Giuseppe si é creata la convinzione che tutto questo non finirà mai. Il futuro é diventato qualcosa di incerto, lo immaginano come un futuro fatto di mascherine e distanziamenti sociali dove ogni contatto può diventare pericoloso.
Vi avevo parlato tempo addietro in un mio articolo della sindrome del circolo vizioso da ossessione da contagio. Era uno dei miei timori più grandi dovuti all’effetto catastrofico psicologico che sarebbe emerso a seguito delle misure criminali adottate in questi mesi di bioterrorismo sostenuto e alimentato dal Governo della Paura. Bioterrorismo al quale hanno contribuito ampiamente anche i media di informazione altrettanto criminali e complici.
Bene signori, sappiate che ciò di cui vi parlo oggi e che vi porto come esempio é solo la punta dell’iceberg.
Sono consapevole che una ricerca sociologica non ha la stessa attendibilità di un’indagine scientifica, tuttavia l’istituto Piepoli che ha condotto questa ricerca su un campione di migliaia di italiani ha rilevato proprio in questi giorni un livello di sofferenza mai prima così elevato.
Il 42% dichiara di soffrire di ansia/stress, il 24% ha disturbi del sonno, il 22% si sente più irritabile, il 18% ha l’umore depresso, il 13% dichiara di essere immerso in conflitti relazionali gravi. Certo, qualcuno dirà che sono problemi che potevano pre-esistere, ma non si può di certo sottovalutare il fatto che il 31% degli italiani dichiara un netto peggioramento delle proprie condizioni psicologiche. Le cause principali che fanno soffrire si suddividono nei seguenti modi:
Il 51% si sente ancora afflitto dalle condizioni/restrizioni della pandemia, il 58% sta male per le prospettive, la visione del proprio futuro incerto li angoscia.
Ma analizziamo cosa mi scrive Giuseppe, entriamo nella sua realtà per capire meglio la situazione che Giuseppe ci descrive:
“Ciao Italia, sono un tuo più grande fan, ti sto scrivendo perché ho bisogno di parlare con qualcuno, sopratutto per una paura che ho io. Queste restrizioni mi stanno causando molti problemi, forse peggiori di altri, non voglio fare l’egoista, so che c’è gente che piange parenti, per colpa di questo virus, come me. Ma il problema che mi sta affliggendo più mentalmente, è un altro. C’è una mia amica, si chiama Lucia ha soli 16 anni appena compiuti, che già da un mese stava male. Non mangiava, e non si alzava mai dal letto, proprio stamattina la sorella ha dovuto chiamare i soccorsi perché non riusciva più a camminare, é venuta l’ambulanza e se l’è portata via. I medici l’anno subito trasferita in un ospedale psichiatrico per disturbo depressivo maggiore, una forma di depressione che col tempo porta all’azzeramento del sistema immunitario. In clinica continua a ripetere che rimarremo distanziati a vita, che staremo a vita con queste restrizioni. E nonostante le diciamo che tempo luglio sarà tutto finito, cioè che non si dovranno più indossare mascherine, niente restrizioni, ecc. ecc. non riusciamo a convincerla. Poi sai com’e il detto che la depressione, può essere contagiosa, sto iniziando anche io a pensare che non torneremmo mai più come prima, ora anch’io sto prendendo involontariamente quella strada, dato che sto facendo uso di xanax, e scusa il termine merde varie, a volte diluite con alcool. Ora tutto questo lo dico a te perché sei una persona molto matura ed intelligente, torneremo mai alla vita di prima, oppure staremo a vita con una mascherina in faccia?“
Dal canto mio, avevo provato a rassicurare Giuseppe, ma con esito purtroppo negativo, tanto che nel suo messaggio successivo pareva quasi non aver nemmeno letto le mie parole tranne per quel “ok ok”. Ecco il suo messaggio dove evidenza le chiare fobie che in lui si manifestano sempre più in modo palese:
“Ok ok, la mia paura è proprio quella di rimanere così a vita, distanziamento a vita, mascherine a vita ecc, ho pure avuto un litigio con la mia ragazza per il fattore psicofarmaci e alcol, perché diceva che guardava negli occhi un altra persona, io so già che se queste restrizioni durassero fino a gennaio o pure di più, so che non lo sopporterei, sopratutto dopo l’esperienza traumatica che ho avuto. Esco con la mia ragazza e ho paura pure a baciarmi in mezzo alla strada, perché mi sento osservato, mi sembra che tutti mi guardino. Esco con gli amici ed ho paura di fare anche una foto di gruppo, non sopporto vedere bambini di 8 anni con la mascherina, io lo so già che se queste restrizioni dureranno fino a gennaio febbraio, potrei commettere qualche cazzata (scusa il termine). Tanto basta un bicchiere di jackdaniels e un flacone di xanax per farlo”.
Ecco, ciò che avete letto nelle parole di Giuseppe é decisamente angosciante, ma vorrei teneste conto che di giovani e meno giovani come lui ce ne sono tanti intorno a noi anche dove noi viviamo. Tutto ciò rappresenta altrettanto uno stato di emergenza che dovremo affrontare.
Se dovessimo tenere conto del dato offerto dallo studio sociologico il 31% degli italiani sta vivendo una situazione più o meno simile a quella di Giuseppe. Chi vive nelle grandi città poi vive questo dramma in maniera più accentuata oltre che drammatica.
Sono noti i casi di suicidio degli ultimi tempi. Non é un caso che molte persone si siano lanciati dai balconi delle proprie abitazioni in preda alla depressione.
Il danno economico che l’Italia ha ricevuto con questa pandemia é quantificabile, ma il danno psicologico che ne deriverà per tutti i cittadini sarà incalcolabile.
I più esposti a questo rischio sono proprio i giovani e forse ancora di più i bambini che rimarranno per sempre segnati da questa drammatica avventura, questo film horror nel quale il governo della Paura ci ha voluto rendere in parte protagonisti.
Non a caso si chiama “quarantena” perché oltre i 40 giorni la possibilità di contagio é pressoché nulla, proseguire nell’isolamento é un atto criminale che porta inevitabilmente a danni psicologici chi é stato isolato.
Immaginatevi dopo 100 giorni come stiamo messi. Aggiungeteci magari quella perdita del lavoro che poteva essere una valida via di evasione o una valvola di sfogo. Che cosa pensate che rimarrà a quelle persone in stato di forte crisi depressiva?
Io oggi temo fortemente per la salute e l’incolumità di migliaia e migliaia di persone. Sono “morti che oggi ancora camminano”, ma, per la disperazione che provano, sarebbero pronti a trasformarsi in morti effettivi.
Ciò che è stato fatto all’Italia non é solo criminale, é disumano!
Ecco perché non tollero più di vedere politici sorridenti in piazza che si fanno i selfie mentre migliaia di persone muoiono ogni giorno dentro di loro. Non tollero più il perbenismo, il buonismo, l’essere moderati e pacifici nel manifestare un dissenso!
Se abbiamo conservato dentro di noi ancora un briciolo di umanità, tutto ciò non é più tollerabile né concepibile!
Italia Moli
#IoSonoItalia🇮🇹
ho letto l’articolo, una storia triste, non si può distruggere la vita di 2 ragazzi per le disposizioni di questo governo criminale.
#restiamoacasa che #andràtuttobene ora ne vediamo le conseguenze, gente con disturbi neuropsichiatrici e suicidi.
E’ finito il tempo della moderazione e della pacatezza, è ora di alzarci in piedi e combattere questi assassini.
Parafrasando il presidente J. F. Kennedy – Chiunque in questo momento di crisi si dichiari moderato gli sia riservato il posto più caldo dell’inferno.
Ciao Italia
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Cio’ che è stato fatto all’italia è disumano..Giuseppe è uno dei tanti esempi che rispecchiano ed hanno rispecchiato la situazione..disumana.
Ma peggio è un popolo che non si ribella e piano piano soccombe a tutte le angherie dei politici. Rimane solo da dire povera italia.
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