Dittatura. Che strana la parola dittatura. Tanto odiata dalla sinistra, tanto temuta, ma che si riflette però in ogni attività istituzionale della quale la sinistra sia entrata a far parte. La dittatura rossa è una dittatura che non si affaccia ai balconi, non manifesta i propri intenti, ma trama nell’ombra senza alcun mandato popolare, ma con tanto potere tra le mani per poterlo fare liberamente a spese della democrazia stessa. La dittatura indossa la giacca e cravatta se opera nei circuiti finanziari, ma come vedremo può indossare anche la toga rossa se siede sullo scranno più alto da cui l’uomo si può ergere a dio sopra gli altri uomini e può permettersi di giudicare chiunque gli capiti a tiro senza alcune distinzioni. Tanto nessun uomo potrà mai fargli nulla!
Oggi l’intento è diventato quello di sostituirsi all’opposizione, un’opposizione che manca in parlamento e che vede la sinistra sbraitare a vanvera avendo ormai perso la bussola che gli indicava la via. E’ costretta dunque a smuoversi l’alta inquisizione pur di eliminare con ogni mezzo quell’avversario politico che vuole #PrimagliItaliani e che col voto dei cittadini tenterà di scalzarli dal trono del potere. Se dovesse fallire anche Magistratura Democratica non resterebbe altro alla sinistra che un ritorno alla lotta armata come ai tempi delle Brigate Rosse. E’ dal 64 che la Magistratura mette ordine là dove l’ordine inizia a rovesciarsi. Ricordiamo le inchieste su Craxi, quelle su Berlusconi, ricordiamo le aggressioni al Giudice Falcone nei talk show e voltandoci indietro potremo avere un assaggio di quanto la magistratura abbia fatto nel nostro paese per trasformare quel concetto di diritto nel “rovescio” in cui viviamo oggi. Oggi è il tempo di Matteo Salvini, della Lega, già condannata in Cassazione al risarcimento di qualcosa che riguardava altri che sono venuti prima. Dubito fortemente che le toghe rosse se la prenderanno mai con Di Maio o i pentastellati, prendetela pure come l’affermazione di una blogger in crisi di isteria, ma vedrete che il tempo mi darà ragione. In questo paese abbiamo visto giudici colpire là dove volevano ed essere indulgenti quando gli pareva. Li abbiamo visti reinterpretare le leggi, perché è a loro discrezione recepirle come più gli pare e piace, come è a loro discrezione non applicarle.
Ricordo che la Boccassini qualche tempo fa disse testualmente:
“Noi amministriamo la giustizia del popolo.”
Ognuno di voi interpreti queste parole come meglio crede. Io la mia interpretazione gliel’ho già data. Una cosa però voglio fare e credo sia mio dovere farlo. Aprire una finestra su questo mondo assurdo e per tanti versi sconosciuto alla moltitudine di persone che naviga nel web. E voglio farlo con una testimonianza importante, quella di un giudice di sinistra che ancora oggi lotta contro la gogna di Magistratura Democratica, la congrega che lui ha ritenuto giusto abbandonare per amore della propria professione e dei valori che riteneva quella professione dovesse continuare a mantenere nel tempo. Tratteremo dunque di dinamiche dei magistrati di sinistra e del loro modo di gestire la giustizia italiana. Dalla terra rossa della Toscana giunge come un fulmine a ciel sereno questa testimonianza che scuote le fondamenta della magistratura italiana, o forse no. Forse una magistratura italiana non c’è mai stata. C’è stata solo una magistratura di sinistra che sarebbe ora di rivedere in toto.
Inizia così il racconto di questo giudice ormai prossimo agli 80 anni di cui stasera vi voglio dare solo un assaggio:
“La situazione di oggi è questa, una magistratura corporativa e politicizzata, vistosamente legata ai centri di potere, che non urla per protestare contro un sistema che l’ha resa inutile, ma anzi continua a opporsi in modo sistematico a qualsiasi progetto di riforma dell’esistente. È probabilmente l’effetto del piccolo cabotaggio delle varie campagne elettorali, attente più agli indubbi privilegi di categoria, compresi quelli economici, che ai modi per sanare un sistema spesso inefficiente. Piccolo cabotaggio che però non impedisce – soprattutto per quell’assenza di complessi sottesa a una politicizzazione così anomala – di agire e pontificare non solo in casa propria, ma in relazione a buona parte dei grandi temi politici nazionali e internazionali senza tema di essere apostrofati con un “taci, cosa c’entri tu? È questo che ha portato la giustizia, e Magistratura Democratica, a ritenere di avere una singolare missione socioequitativa realizzabile non con la difesa dei più deboli, ma con l’attacco ai più forti.”
Poi il Giudice continua diventando ancora più preciso nel dettaglio:
“E’ come se a un tratto, in mancanza di alternative di governo, una parte della magistratura avesse scelto di perseguire attraverso la via giudiziaria l’applicazione del socialismo reale. Ma così salta tutto. Saltano i confini tra la politica e la magistratura. Salta la distinzione dei ruoli. Oggi è solo tautologia dire che la magistratura è partitizzata, non si tratta di un’opinione, è un dato di fatto. Esistono le correnti. Esistono i magistrati che professano in tutti i modi il loro credo politico. Esistono grandi istituzioni, come il Csm, dove si fa carriera soprattutto per meriti politici. E francamente non riesco a criticare fino in fondo chi sostiene che con una magistratura così esista il rischio che le sentenze abbiano una venatura politica. È un dramma, negarlo sarebbe follia”
Dott. Piero Tony ex Procuratore capo di Prato
Si resta sconcertati nel leggere queste parole, soprattutto quando tali parole vengono dette da un ex Procuratore Capo, Giudice rinomato di sinistra, costretto ad abbandonare due anni prima del pensionamento la propria professione.
Questo Giudice mi ricorda un po’ quel giornalista e scrittore di sinistra che ad un certo punto si sentì in dovere di iniziare a dire la verità sui partigiani comunisti e sulla resistenza. La resistenza, la così detta menzogna tanto cara alla sinistra, che vide i comunisti trasformarsi in eroi nell’immaginario della collettività. La realtà fu un’altra, ma non è questo il contesto per raccontarvela. Vi basterà leggere uno dei libri di Giampaolo Pansa.
Aveva proprio ragione la mia bisnonna quando mi diceva che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. La verità, presto o tardi, viene sempre a galla.
#IoSonoItalia
io non sò dire se siano politicizzati o altro, ma a Varese la giustizia viene amministrata in forma mafiosa. Nel caso che riguarda me ed alcune altre persone, abbiamo le prove, hanno sentenziato addirittura contro la legge stessa. Abbiamo provato a far presente questa situazione a vari organi dello Stato e non…niente, non ci ascolta nessuno, eppure abbiamo una valanga di documenti per avvalorare e confermare quello da noi esposto. Tutto questo perchè un gruppo di potere si avvale della magistratura locale usandola come arma impropria contro i cittadini onesti che si oppongono alla loro arroganza e prevaricazione. Detto questo…..siamo avviliti ma non ci arrenderemo mai, rischiamo di perdere le nostre case per aver voluto regolarizzare un abuso che ha sottratto parte del territorio dello Stato a favore di pochi che nascondono intrallazzi vari, se non vogliamo parlare di mafia vera e propria, parliamo di associazione di stampo mafioso. In attesa che qualcuno ci ascolti….noi andiamo avanti, non molliamo.
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